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L’Iva o Imposta sul valore aggiunto è una tassa che comporta l’aumento dei prezzi di beni e di servizi.
In questo post vediamo come funziona, come si calcola, come e quando va applicata e liquidata, chi deve pagarla.
L’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, si chiama così perché è un’imposta che colpisce solo il valore aggiunto di ogni singola fase della produzione e dello scambio di beni e servizi: colpisce, cioè, solo l’incremento di valore che un bene o un servizio acquista ad ogni passaggio economico.
L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato, nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni, e sulle importazioni da chiunque effettuate.
L’Iva è un’imposta generale sui consumi, il cui calcolo si basa solo sull’aumento di valore che un bene o un servizio acquista ad ogni passaggio economico, a partire dalla produzione fino ad arrivare al consumo finale del bene o del servizio stesso.
Applicando un sistema di detrazione e rivalsa dell’imposta, l’Iva grava sul consumatore finale, mentre per i soggetti passivi d’imposta, ad esempio gli imprenditori o i professionisti, l’Iva resta neutrale.
In parole semplici, il soggetto passivo d’imposta, cioè chi cede beni o servizi, detrae l’imposta pagata sugli acquisti di beni e servizi effettuati nell’esercizio d’impresa, arte o professione, dall’imposta addebitata (a titolo di rivalsa) agli acquirenti dei beni o dei servizi prestati.
L’imposta sul valore aggiunto, potendo essere detratta, se pagata sugli acquisti, e addebitata a titolo di rivalsa ai clienti, rappresenta un costo solo per chi non può esercitare il diritto alla detrazione e quindi, in generale, per i consumatori finali.
Nell’applicazione dell’Iva occorre distinguere tra:
Per esempio: Un commerciante acquista materia prima per un valore di 1.000 euro; ipotizzando che l’aliquota Iva da applicare sia pari al 22%, pagherà 1.220 euro, essendo l’Iva pari 220 euro (22% x 1.000). Supponiamo che, a seguito di una serie di lavorazioni effettuate sulle materie prime, il valore del prodotto lavorato sia di 1.200 euro, e che l’aliquota Iva applicabile sulle vendite sia, ugualmente, del 22%.
Al momento della vendita il consumatore finale pagherà al commerciante una somma di 1.464 euro (1.200 + 22%). La somma che il commerciante deve versare allo Stato è di 264 (Iva vendite) – 220 (Iva acquisti) = 44 euro
Il saldo dell’imposta sul valore aggiunto è dunque rappresentato dall’Iva che il commerciante ha ricevuto dal consumatore finale, al netto di quella versata per acquistare le materie prime.
In questo senso il commerciante è soggetto passivo d’imposta e può detrarre l’imposta pagata sugli acquisti (i 220 euro pagati per l’acquisto delle materie prime) dall’imposta addebitata sulle vendite (i 264 euro versati dal consumatore finale al commerciante).
Inoltre, il commerciante è neutrale rispetto all’Iva: ha ricevuto dal consumatore finale 264 euro, ne ha versati 220 all’acquisto della materia prima e 44 allo Stato (quindi in termini di Iva non ha ricavato né perso nulla).
Il consumatore finale, invece, che non rivende la merce, né ne aumenta il valore, ma la utilizza per i suoi scopi, sopporta integralmente il peso dell’Iva versata allo Stato, ossia non detrae nulla
In base a quanto osservato, possiamo affermare che l’Iva è un tributo:
L’Iva è un’imposta di tipo consumo, poiché è ammessa la sua detrazione sulle spese d’investimento per intero, e non in proporzione alle quote di ammortamento: in caso contrario, l’Iva non sarebbe un’imposta di tipo consumo, ma di tipo reddito netto.
Se la detrazione dell’Iva non fosse ammessa sulle spese d’investimento, parleremmo d’imposta di tipo reddito lordo.
La base imponibile dell’Iva è finanziaria, non reale: sono cioè soggette a tassazione solo le operazioni che danno luogo a manifestazioni monetarie nel periodo d’imposta.
L’Iva si calcola, semplicemente, applicando l’aliquota stabilita per un determinato bene o servizio, al prezzo, o valore, di quel bene o servizio. Se, ad esempio, il prezzo di un bene è pari a 100 euro, e l’aliquota Iva è pari al 22%, l’Iva ammonta a 22 euro.
Altro discorso è, invece, il calcolo dell’Iva da liquidare, o liquidazione Iva.
Come si calcola la liquidazione Iva?
Il metodo di calcolo della liquidazione Iva è detto imposta da imposta:
Potremmo riassumere il procedimento di liquidazione con la seguente formula:
Iva dovuta = (aliquota su vendite x valore vendite) – (aliquota su acquisti x valore acquisti)
Dato che le aliquote esistenti sono più di una, avremo spesso un’espressione di questo tipo:
Iva=(aliquota1 su vendite x valore vendite1) + (aliquota2 su vendite x valore vendite2) – (aliquota2 su acquisti x valore acquisti2)– (aliquota1 su acquisti x valore acquisti1)
L’Iva è liquidata mensilmente, ma determinati soggetti possono optare per la liquidazione trimestrale.
Se l’Iva è liquidata mensilmente il pagamento deve avvenire, tramite modello F24, entro il giorno 16 del mese successivo.
Se l’Iva è liquidata trimestralmente, il versamento deve avvenire entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascuno dei tre trimestri solari (quindi 16 maggio per il primo trimestre, 16 agosto per il secondo trimestre e 16 novembre per il terzo trimestre, mentre la liquidazione del quarto trimestre si effettua direttamente nella dichiarazione annuale).
Quando il termine di versamento cade in giorno festivo o di sabato, il versamento può essere effettuato entro il giorno lavorativo immediatamente successivo.
La liquidazione Iva trimestrale comporta per il contribuente un aggravio di interessi nella misura dell’1% in fase di versamento.
Sono soggette a Iva tutte le cessioni di beni, le prestazioni di servizi e le operazioni intracomunitarie effettuate in Italia nell’esercizio di imprese o di arti e professioni.
Nella nozione di operazioni soggette all’Iva si ricomprendono non solo le operazioni soggette al pagamento dell’imposta, ma anche quelle soggette solamente agli adempimenti formali prescritti per l’accertamento dell’imposta: tali operazioni si distinguono, secondo del regime ad esse applicabile, in esenti, imponibili, non soggette al pagamento dell’Iva.
Per tutte le operazioni soggette all’Iva vanno eseguiti, da parte dei soggetti passivi d’imposta, gli adempimenti amministrativi di documentazione (con l’emissione della fattura, del documento di trasporto o bolla di accompagnamento, della ricevuta o scontrino fiscale), di registrazione e di dichiarazione stabiliti per la sua applicazione.
Un’operazione rientra nel campo di applicazione dell’Iva quando sussistono contemporaneamente i seguenti tre requisiti:
Se manca anche uno solo di questi requisiti, l’operazione è esclusa dall’Iva. Fa eccezione a tale regola l’ipotesi dell’importazione, per la quale non rileva il criterio soggettivo: essa è tassata, infatti, anche quando è posta in essere da un soggetto privato.
Le operazioni si considerano eseguite e quindi l’Iva deve essere applicata nel seguente momento, il cosiddetto momento impositivo:
Al momento impositivo dell’operazione nasce il debito dell’imposta nei confronti dello Stato (l’imposta, cioè, diventa esigibile) ed il soggetto passivo deve versarla all’erario tramite le liquidazioni periodiche. Inoltre, a partire dal momento impositivo, decorrono i termini previsti dalla legge per adempiere agli obblighi contabili, come l’emissione della fattura, dello scontrino o della ricevuta fiscale.
Fanno eccezione alla regola dell’esigibilità immediata alcune operazioni, per le quali il debito d’imposta non nasce al momento dell’emissione della fattura, ma allatto del pagamento del corrispettivo. Si tratta, ad esempio, delle operazioni effettuate dalle imprese e dai professionisti che esercitano l’opzione dell’Iva per cassa, o cash accounting: l’Iva deve comunque essere pagata entro un anno dal momento in cui è avvenuta l’operazione.
Si definiscono escluse dall’Iva le operazioni che non solo non sono soggette al pagamento dell’imposta, ma che neppure sono soggette agli adempimenti formali, di regola prescritti anche per le operazioni non soggette all’Iva, come quelle non imponibili o esenti.
Si tratta pertanto di operazioni del tutto estranee dal campo d’applicazione dell’Iva, in quanto prive del requisito oggettivo, soggettivo o territoriale.
Le operazioni di scambio di beni e servizi, rilevanti per l’applicazione dell‘Iva, possono essere distinte in tre categorie: